Prendendo le mosse dagli scritti di Achille Campanile, il più illustre umorista della letteratura del Novecento, lo spettacolo mescola sottile ironia e travolgente divertimento per mettere alla berlina i luoghi comuni, le frasi fatte, i modi di dire e gli atteggiamenti più usuali che ciascuno di noi utilizza anche nelle situazioni di singolare gravità. Tale è anche la partecipazione alla tristezza di una dipartita, laddove il cordoglio si esprime in un florilegio di espressioni abusate, pronto nel contempo a trasformarsi nel sollievo sorridente degli incontri e financo nella gioia di sentirsi dei sopravvissuti.
La commedia lo racconta lungo una trama di episodi che, da realistici, appaiono poi sempre pronti ad assumere direzioni sorprendenti e impensate: ma quanto più l’intreccio si avvicina allo strampalato, tanto più realistico appare il giudizio critico sulla superficialità di convenzioni e convenienze.
In un momento in cui il linguaggio parlato appare sempre più imbastardito da contributi di ogni sorta e addirittura messo in un angolo dalla tecnologia più invadente, lo spettacolo diventa così anche un sorridente invito a riscoprire la ricchezza smisurata delle parole che usiamo ogni giorno, tesoro prezioso talora assurdamente misconosciuto.
Accanto al linguaggio letterario e grottesco degli scritti originali, la messinscena de “La Barcaccia” inserisce al contempo i personaggi popolareschi del teatro più popolare, spiccioli di eredità della Commedia dell’Arte, come un ideale ponte di collegamento fra la comicità più antica e quella più moderna, accennando insieme al cabaret e al teatro di rivista, alla commedia e alla farsa più irresistibile anche quando si diverte a lambire i confini del dramma.