Tosca irruppe nel 1900 esatto, applicando il già affermato genio melodico e armonico di Puccini a un’immediatezza nuova e scioccante, quasi da thriller cinematografico. Merito del soggetto di Sardou, del libretto di Illica e Giacosa, e soprattutto di infallibile istinto teatrale e inventiva ricca di Giacomo Puccini, che unì stringatezza drammatica e arie memorabili, divenute cavalli di battaglia di soprani e tenori: “E lucevan le stelle”, “Recondita armonia”, “Vissi d’arte”. E così Tosca, sesto titolo più rappresentato in Anfiteatro, non poteva mancare nel cartellone del 100° Festival, con 4 serate affidate ad alcuni dei più richiesti interpreti dell’opera di oggi, nello spettacolo più recente di Fondazione Arena, apprezzato da pubblico e critica, e in breve diventato un classico.
L’allestimento è curato in ogni aspetto dall’argentino Hugo De Ana, regista scenografo costumista e lighting designer di questa produzione nata per l’Arena nel 2006, felicemente ripresa più volte fino al 2019. Ai sontuosi costumi d’epoca, si coniugano classici arredi e imponenti scene e simboli che aderiscono allo spirito dell’opera: la scena unica si adatta con agevoli cambi a vista ai tre ambienti del libretto, diversi set di un thriller nella Roma papalina del 1800, contesa dai rivoluzionari bonapartisti, opulenta eppure cupa e misteriosa, controllata dal regime di polizia dello spietato Barone Scarpia e guardata con distacco dalla colossale statua dell’arcangelo Michele, simbolo armato di un’incombente giustizia, divina e non.
Tosca della prima è Aleksandra Kurzak, già applaudita protagonista in Anfiteatro e per la prima volta a Verona nei panni della titolare, per l’occasione accanto al compagno d’arte e di vita, il tenore Roberto Alagna, già beniamino del pubblico areniano e qui nei panni di Mario Cavaradossi. Scarpia non gode di assoli ma incombe dalla prima all’ultima battuta, anche quando non è in scena: villain di lusso è quindi Luca Salsi, già richiesto nel ruolo nei più importanti teatri del mondo, per la prima e l’ultima recita.
A completare il cast nelle parti di fianco per tutte le recite sono artisti di rilievo e giovani di talento: il fuggiasco Angelotti è Giorgi Manoshvili, il Sagrestano è Giulio Mastrototaro (al debutto in Arena), gli sgherri di Scarpia, Spoletta e Sciarrone, sono affidati a Carlo Bosi e Nicolò Ceriani, il Carceriere a Dario Giorgelè; infine due giovanissime voci bianche si avvicendano nel ruolo del Pastore, il cui stornello si leva sull’alba romana del 3° atto grazie a Erika Zaha (29/7, 5 e 10/8) e Jacopo Lunardi (1/9).
Nei tre personaggi principali si vedranno stelle dell’Opera anche nelle recite successive: il 5 e il 10 agosto, con la Floria Tosca di Sonya Yoncheva ci saranno Vittorio Grigolo come Mario e Roman Burdenko quale Scarpia. Per l’ultima serata dell’1 settembre, con il già citatoLucaSalsi saranno protagonisti Anna Pirozzi e Freddie De Tommaso.
Dopo essersi distinto più volte al Teatro Filarmonico e, dalla Carmen inaugurale 2018, anche in Anfiteatro, il maestro Francesco Ivan Ciampa dirige l’Orchestra di Fondazione Arena e il Coro preparato da Roberto Gabbiani, quest’ultimo impegnato in due pagine destramente complesse, come il solenne e spettacolare Te Deum che chiude l’atto I e la cantata polifonica fuori scena nell’atto II. Dopo la prima di sabato 29 luglio, repliche il 5 e 10 agosto e il 1° settembre.